(A cura del Dott. Valerio Martinelli – Cultore della materia del diritto del lavoro)
La vicenda ha ad oggetto il ricorso per cassazione presentato dal direttore tecnico di cantiere, delegato alla sicurezza del lavoro, avverso la sentenza della Corte d’Appello che, confermando la pronuncia di primo grado, lo riteneva responsabile delle lesioni personali subite da due dipendenti.
Nello specifico, il primo lavoratore mentre si trovava sulla sommità di una struttura, ad un’altezza superiore a 4 metri dal suolo, per prendere la borsa degli attrezzi lasciata lì in precedenza, perdeva l’equilibrio e, a causa dell’assenza di ponteggi prospicienti il lato nel quale si trovava, cadeva al suolo. Il secondo lavoratore, che si trovava sulla scala che conduceva alla sommità della predetta struttura per verificare cosa stesse facendo il collega, nel tentativo di trattenere/aiutare quest’ultimo, cadeva al suolo.
Secondo il ricorrente, la Corte d’appello ha impostato la propria analisi sul sillogismo in virtù del quale, nei lavori in quota, i ponteggi sono obbligatori, pertanto la loro assenza costituisce la causa dell’infortunio, senza considerare “se le persone offese, al momento dell’incidente, fossero impegnate in una fase della lavorazione o se fossero in postazione di lavoro”.
Giova richiamare alcune disposizioni del D.lgs. 81/2008, utili ai fini della comprensione del dispositivo:
- 16 che richiama e disciplina la delega di funzioni da parte del datore di lavoro;
- 107 in virtù del quale per lavoro in quota si intende l’attività lavorativa “che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile”;
- 111, comma 1, lett. a) secondo cui il datore di lavoro, nei lavori in quota, deve scegliere le attrezzature di lavoro più idonee per garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, indicando tra i criteri di scelta quello di dare “priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale”;
- 122 il quale individua le misure di cui sopra in “(..) impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose (..)”.
L’analisi della Suprema Corte prende avvio dall’assunto avanzato dal ricorrente in virtù del quale “non essendo attuale la lavorazione sulla struttura non sussisteva l’obbligo di installazione del ponteggio”; la Corte evidenzia, in merito, che la definizione di rischio proposta dal direttore è intesa quale “rischio di caduta del solo lavoratore occupato nel lavoro e solo durante il suo svolgimento”.
La Corte ha ritenuto infondata la tesi avanzata dal ricorrente, affermando che “il rischio considerato è quello determinato dalla mera allocazione di postazioni ad una quota tale da rendere la caduta pericolosa per l’uomo”, precisando che lo stesso art. 122 D.lgs. 81/2008 “menziona il pericolo di caduta di persone e di cose senza specificare che facciano riferimento alla qualità di lavoratore, ad un particolare tempo o a una fase della lavorazione”. La circostanza che il lavoratore si trovasse in quota per ragioni non inerenti allo svolgimento del lavoro non si riflette sulla sussistenza dell’obbligo cautelare ma “sulla valenza della medesima quale causa da sola sufficiente a cagionare l’evento tipico”. Al riguardo, la Corte prosegue richiamando un consolidato principio in virtù del quale “in tema di infortuni sul lavoro, la condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore, idonea ad escludere il nesso causale, non è solo quella che esorbita dalle mansioni affidate al lavoratore, ma anche quella che, nell’ambito delle stesse, attiva un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia”[1].
A conclusione della propria analisi e sulla base degli accertamenti svolti nei precedenti gradi di giudizio, condivisi dalla Suprema Corte, quest’ultima ha affermato che la presenza dei lavoratori sulla sommità della struttura “trova origine proprio nella necessità di assolvere ai compiti affidatagli” e che pertanto detta circostanza ha generato un rischio tipicamente lavorativo, aggiungendo, inoltre, che non imprime “una diversa connotazione a tale rischio – lasciando il campo ad un rischio eccentrico – l’uso della scala, posto che (..) essa costituiva la via di accesso alla sommità della struttura in luogo del ponteggio (..)”.
(Cass. sez. IV pen. n. 21517 del 01.06.2021)
[1] Cfr. Cass. pen. sez. IV sent. n. 5007/2018 e Cass. pen. sez. IV sent. n. 15493/2016.
AudioSafety ascolta e fai
Sicurezza 4.0
startup Sapienza Università di Roma